Disaffezione al voto e amministrative 2013: riflessioni di un “Politico” di provincia

Disaffezione al voto e amministrative 2013: riflessioni di un “Politico” di provincia

28 Maggio 2013 0 Di MATTEO

Ritengo assolutamente preoccupante il modo in cui i due maggiori partiti italiani trattano il tema della Disaffezione al voto.

Il Ministro Alfano riferisce che questo fenomeno può essere spiegato “’in parte perché nei Comuni dove si è votato ieri, oggi è mancato, come è avvenuto invece nel 2008, l’effetto trascinamento del voto politico”. Il segretario del PD, Epifani, si limita a riferire, con un po’ più di logica, mi tocca ammetterlo, che “è una tendenza che va capita e analizzata ed è un dato che non deve essere sottostimato”, ma lungi da lui offrire contributi concreti e meno ariosi.

Quello che rilevo in entrambi è l’incapacità di guardarsi in casa e motivare la disaffezione, tra le altre cause, anche con il “governo-inciucio”, sfiduciando quindi gli italiani che si sono recati a votare per un cambiamento che, ad oggi, non rintracciano nell’esecutivo.

Certo, lungi da me pensare che questa sia “La causa-madre” dell’alto astensionismo, ma certo essa è una delle cause che vanno analizzate: l’incapacità del sistema politico di tradurre in concreto le scelte a mezzo “x” dei cittadini. Causa numero uno.

Andiamo oltre però….

In televisione e sui giornali nessuno a mio parere parla di una grande causa di astensionismo dal voto che sarà sempre più preponderante: l’invecchiamento della popolazione. Qualcuno sorriderà, ma fermatevi a riflettere su quante persone ultra ottantenni ormai conoscete: non guidano, deambulano a fatica, hanno qualche disturbo cognitivo o demenza senile. Stiamo parlando di un esercito di più di 12 milioni di ultrasessacinquenni, di cui 1 milione malati di Alzheimer, 250 mila di Parkinson, 16 mila sono addirittura ultracentenari e 2 milioni sicuramente non autosufficienti (dati ISTAT 2011, Istat 2012, Adi 2011, Aip 2007, Ministero del Lavoro 2011; nell’ordine). Non ho in mano altri dati statistici, ma mi pare verosimile pensare che quindi, di questi 12 milioni di anziani, i 2 milioni non autosufficienti, il milione malato di Alzheimer, più “un altro milione spot” non vada a votare.

Ed ecco una seconda causa di astensionismo che negli anni ’70 di certo non era così preponderante.

Terzo: l’apatia. E qui non c’è a mio parere da divincolarsi troppo in spiegazioni più o meno concrete. L’apatia è un fenomeno fisiologico in un sistema democratico, non patologico. Il “non-voto” è in questo caso un’azione d’indifferenza e disinteresse. L’apatia è diffusa in tutte le democrazie e raggiunge livelli apicali negli strati sociali più bassi della popolazione.

Quarto: la protesta. E’ l’altra faccia della medaglia dell’apatia. E’ un’azione attiva di contestazione o di volontà di rinnovare. E’ la traduzione in “x su una scheda” di questo sentore che ha visto la grande affermazione grillina lo scorso febbraio. E’ indubbio. Ma senza i “5 stelle”, queste sarebbero state molte astensioni a febbraio. A differenza dell’apatia, questi sentimenti non sono concentrati, come spesso si crede, nelle fasce “apatiche”, bensì in dei target-group che sanno orientarsi verso fenomeni innovativi. Ad esempio il “grillismo” è nato da ampie fette di Giovani-delusi-precari-vecchi astenuti che vogliono innovare e, negli anni, hanno aggregato altre fette di delusi (disoccupati, esodati, pensionati, ecc).

Quinto: la “tecnocrazia”. Sistemi di voto non chiari e non perfettamente comprensibili all’occhio dell’elettorato.

Ma prima di addentrarmi qui, vado su un altro ragionamento.

“L’astensionismo in Italia non ha mai raggiunto livelli elevati come in altri Paesi europei, ma ha conosciuto negli ultimi 30 anni una crescita continua. Basti pensare che la quota di elettori che non si è recata alle urne è aumentata costantemente a partire dalle elezioni politiche del 1976, dove rappresentava il 6,6% dell’elettorato.” (Linda Laura Sabbadini, già direttore ISTAT delle indagini sulle condizioni e qualità della vita).

A mio parere non è assolutamente una negatività il fatto che il numero degli elettori si sia ridotto: una democrazia diventa più matura e responsabile se si reca a votare chi veramente interessato, chi può e vuole fortemente farlo, chi sa formarsi un’idea da sé,… Ma, indubbiamente, questo numero in riduzione continua non può proseguire la sua corsa: bisogna raggiungere un livello d’equilibrio (che le mie conoscenza statistiche e politologiche oggi non sono in grado di stimare, né ho la presunzione di volerlo fare) di “elettori con coscienza civica”.

Per fermare tale corsa al ribasso, la Politica può fare qualcosa: deve semplificare i sistemi di voto, uniformarli e avvicinare la “x” ad una percezione positiva e concreta per il cittadino che oggi non c’è.

Non voglio addentrarmi nei vari sistemi elettorali in vigore oggi tra comunali, provinciali, regionali, politiche ed europee… tutti sappiamo quanto i vari sistemi siano diversi tra loro e, ciascuno abbia problemi di diversa natura; su tutti, vi è quello fortemente sentito del Porcellum, in cui i parlamentari sono di “nomina partitica” e non prettamente votati dai cittadini.

Ma qui, torno all’incipit: l’incapacità dei maggiori partiti di spiegare il largo astensionismo anche, tra tutte le cause qui descritte, con il “governo-inciucio” e con il loro comportamento, soprattutto da febbraio a oggi.

Cosa è veramente cambiato nel post-Monti con il nuovo governo Letta? Quali priorità diverse stanno affrontando se non l’asservimento all’Europa? E’ davvero una priorità la proposta di depenalizzare il concorso esterno in associazione mafiosa? Si sta parlando davvero di rivedere il Porcellum o fa comodo fare qualche boutade sui giornali ogni tanto e poi non tradurre nulla in concreto?

Dice quindi bene l’on. Rampelli di FdI: “Il crollo dell’affluenza alle urne dimostra che non sono efficaci l’eliminazione dell’indennità ai ministri, l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, la riforma elettorale con ritorno al Mattarellum. Sono trovate demagogiche che la gente percepisce nella loro inautenticità, false come il desiderio di facile riconquista di un consenso che si è esaurito proprio grazie alle continue bugie che i partiti tradizionali hanno raccontato per mantenere il potere.”. (http://www.fratelli-italia.it/attualita/comunicati-stampa/994-comunali,-rampelli-partiti-cedano-potere-ai-cittadini.html)

E per fortuna, e non solo perché è del mio partito, ma perché ha il coraggio di esprimere certe opinioni, c’è Giorgia Meloni che rivela che “Il dato dell’astensionismo è purtroppo un dato che mi stupisce poco […] Perché ci siamo ritrovati poi con lo stesso identico presidente della Repubblica e per sua disponibilità, perché il presidente Napolitano aveva più volte dichiarato di preferire passare la mano, con un governo che purtroppo sembra una riedizione del governo Monti e che rischia di avere gli stessi risultati, e con quello che era visto come un possibile salvatore della Patria, cioè Beppe Grillo, che in verità si dimostra essere perfettamente inserito nel teatrino della politica.

Già Grillo… fatemi concludere questo articolo, ma questo “sassolino” lo devo lanciare.

“Sveglia!”

Grillo non è crollato alle comunali scottando l’assenza di idee o perché non ha accettato l’asservimento democratico proposto da Bersani! Grillo crolla perché sta pagando l’aver buttato nell’arena troppa gente non “amministrativamente” capace e, a livello comunale, paga ancora di più la mancanza di persone vera espressione di un territorio. E’ facile, per un elettorato di “protesta”, non votare alle politiche una lista di nominati dai partiti tradizionali, ma quando un cittadino guarda “a casa sua” conosce il candidato Pippo, Tizio, Caio e Sempronio…vota questi. Il cittadino vuole affidarsi a gente capace, nota a livello locale e che vuole lavorare bene e per tutti. Quindi un elettore guarda negli occhi un concittadino, non un simbolo a cinque stelle, composto da neofiti. Qualsiasi altra spiegazione, dal mio punto di vista, è fantasia.